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Covid, il latte materno è come il vaccino: lo studio rivoluzionario del Bambin Gesù

Pubblicato il 11/11/2021 17:28

Lo studio del Bambin Gesù sulla protezione che offre il latte materno anche in merito al Covid ha riguardato 28 donne che hanno partorito all’Umberto I nel periodo compreso tra novembre 2020 e maggio 2021, tutte risultate positive al Sars-CoV-2 al momento del parto in seguito al tampone effettuato per l’ingresso in ospedale, anche se molte asintomatiche.


All’epoca, nessuna delle donne all’epoca era stata vaccinata contro il Covid-19: i ricercatori si sono posti l’obiettivo di accertare se e come questa condizione della madre al momento del parto influenzasse l’immunità del neonato. «In genere – spiegano gli specialisti del Bambino Gesù – la mamma protegge il bambino nei primi giorni e mesi di vita con il trasferimento dei propri anticorpi attraverso la placenta». Questo meccanismo «fornisce al neonato una protezione passiva consentendogli di utilizzare, in mancanza dei propri, gli anticorpi della mamma. Se la mamma allatta al seno, inoltre, trasferisce al bambino anche un altro tipo di anticorpi (IgA), detti mucosali, perché prodotti dalle mucose del tratto respiratorio (oltre che dell’intestino) della mamma e perché aiutano il neonato proprio contro le infezioni mucosali, come il raffreddore o l’influenza». I ricercatori hanno studiato il funzionamento di questo meccanismo di protezione nel caso delle mamme positive al coronavirus nel momento del parto. Hanno cercato e misurato, quindi, la presenza di immunoglobuline specifiche contro il SARS-CoV-2 sia nel sangue e nel latte delle mamme, sia nel sangue che nella saliva nei neonati. Le analisi sono state fatte a 48 ore dal parto e ripetute poi dopo due mesi.

Nel sangue delle mamme gli anticorpi specifici per il virus erano presenti a due mesi dal parto, ma non a 48 ore: «Un risultato prevedibile, perché sappiamo che il sistema immunitario ha bisogno di due settimane di tempo per produrre le immunoglobuline IgG». Nel latte, invece, gli anticorpi specifici di tipo IgA erano presenti già a 48 ore dal parto, «a dimostrazione che la risposta delle mucose per la produzione di anticorpi è più rapida di quella sistemica dell’organismo». Similmente, i neonati non presentavano IgG specifiche per Sars-CoV-2 nel sangue né a 48 ore (perché la mamma non aveva potuto trasmetterle attraverso la placenta, in quanto ne era sprovvista prima del parto), né a due mesi dalla nascita (perché i bambini non erano stati attaccati dal virus e non si erano infettati). Nella saliva, invece, gli anticorpi mucosali contro il virus erano presenti non solo a 48 ore ma anche a due mesi dal parto, però solo nei piccoli allattati al seno: 17 contro 13 (tra di loro, due coppie di gemelli). Nello stesso tempo, la presenza di anticorpi nel latte delle madri risultava sensibilmente diminuita, non essendo più positive al coronavirus.

«Qualcosa nei bambini sembra andare oltre il meccanismo di mera protezione passiva», commentano dall’Ospedale pediatrico: «È la prova che il latte materno gioca un ruolo fondamentale non solo offrendo protezione passiva, cioè trasferendo al bambino gli anticorpi prodotti dalla madre, ma anche aiutandolo a produrre autonomamente le sue difese immunitarie». Un meccanismo simile a quello di un vaccino, dimostrato per la prima volta, rileva Rita Carsetti, responsabile di Diagnostica di Immunologia al Bambino Gesù. «Adesso sappiamo come il latte materno può aiutare il bambino a sviluppare le proprie difese immunitarie – afferma -. Il sistema potrebbe funzionare allo stesso modo per tanti altri agenti patogeni, che sono presenti nella madre durante l’allattamento». E ancora: «Non esistono al momento vaccini per i neonati. Gli immuno-complessi potrebbero rappresentare un sistema di immunizzazione somministrabile per bocca, che potrebbe proteggere il bambino nei primi giorni di vita». La ricerca, spiega la dottoressa, «verrà ora estesa e ampliata in due direzioni: da una parte le mamme che hanno ricevuto il vaccino contro il Covid-19 durante la gravidanza, dall’altra le infezioni diffuse come il Citomegalovirus e il Virus respiratorio sinciziale. Va ricordato – aggiunge – che la vaccinazione in gravidanza rimane lo strumento più efficace per potenziare la capacità della madre di proteggere il neonato grazie agli anticorpi trasferiti attraverso la placenta».

Per Gianluca Terrin, direttore dell’Unità di Neonatologia del Policlinico Umberto II, i risultati di questa ricerca sottolineano come «ogni sforzo deve essere prodotto dal punto di vista organizzativo e comunicativo per favorire il contatto tra mamma e neonato al fine di promuovere l’allattamento materno anche in situazioni estreme come l’infezione da Sars-Cov2». La ricerca «è stata condotta in una dimensione di completa emergenza, nel corso della seconda e violenta ondata di diffusione del Covid-19 – sottolinea -. Questi importanti risultati dimostrano come la grande risposta assistenziale del Policlinico Umberto I sia stata accompagnata dallo studio accurato dei fenomeni osservati, che ha condotto a significativi progressi scientifici riguardo la conoscenza dei meccanismi dello sviluppo della risposta immunitaria nelle prime epoche della vita che potrebbero avere risvolti anche in altre aree della pratica clinica».

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