Migliaia di bambini in tutto il mondo, negli anni Cinquanta e Sessanta, nacquero “focomelici”, ovvero presentavano gravissime deformità agli arti. Le terribili malformazioni fetali portarono al ritiro dal commercio, già nel 1963, del talidomide, all’epoca diffusissimo farmaco prescritto alle donne in stato interessante per affrontare la nausea e altri disturbi correlati alla gravidanza. Ora, e ne dà conto la Repubblica, gli avvocati del foro di Bologna Marco Calandrino e Alberto Marin, per conto di 142 cittadini italiani, hanno inviato una petizione al Parlamento europeo perché la Germania indennizzi i talidomidici italiani: il farmaco, infatti, fu inventato e prodotto dalla ditta tedesca Chemical Industry Basel, poi nel 1957 acquistata dalla connazionale Chemie Grünenthal. Si tratta, in verità, di fatti arcinoti tuttavia sono occorsi decenni perché si accertasse scientificamente e ufficialmente la correlazione con la nascita di migliaia di bambini con un’embriopatia: 700 solo in Italia, 2.700 in Germania, 500 nel Regno Unito, 200 in Spagna, all’incirca 100 in Svezia, senza considerare i casi di aborti spontanei o morti fetali endouterine. La Grünenthal alcuni anni fa ha inaugurato una statua dedicata ai bambini focomelici per chiedere scusa delle conseguenze dell’immissione sul mercato del talidomide, ma questa è stata l’unica misura che ha preso. Scuse simboliche, ma giuridicamente ed evidentemente irrilevanti. (Continua a leggere dopo la foto)
>>> “Umilia l’Italia”. Rivolta contro lo spot tedesco: con la scusa del Green… Il VIDEO vergogna
>>> L’Europa vuole chiudere un’altra eccellenza italiana e i suoi 3000 dipendenti: “È un assedio”

Le malformazioni per il farmaco
Soltanto nel 2019 Luisa Guerrini, professore associato di biologia molecolare dell’Università Statale di Milano, dopo 18 anni di ricerche – senza fondi italiani, ma in collaborazione con l’Istituto di tecnologia di Tokyo e la Tokyo Medical University – ha appurato che l’azione del farmaco non modificherebbe il Dna dell’embrione, bensì degraderebbe la proteina p63, uno degli “architetti” molecolari che guidano lo sviluppo embrionale. Pubblicato sulla rivista Nature Chemical Biology, lo studio potrà, dunque, facilitare l’eventuale risarcimento dei bambini di allora, che oggi sono adulti e che, come sancito dallo stesso Parlamento europeo con la risoluzione del 15 dicembre 2016, “vivono con dolori debilitanti cronici”. Lo stesso avvocato Calandrino ha tenuto a precisare: “Non ci rivolgiamo all’Italia, perché lo Stato italiano la sua parte l’ha fatta, prevedendo indennizzi”. Ci si rivolge, piuttosto, alla Germania, proprio in funzione della risoluzione del 2016, ciò che fa dire ai legali dei 142 che “tanto il governo federale tedesco quanto la ditta stessa che brevettò il talidomide non effettuarono controlli adeguati”. Ancora l’avvocato Calandrino ricorda come, negli stessi anni Sessanta, negli Stati Uniti la dottoressa Frances Oldham Kelsey impedì l’autorizzazione del talidomide, “proprio perché non soddisfatta dei test sul principio attivo”, in controtendenza con quanto stava accadendo in tanti Paesi. La storia le diede ragione e la Kelsey fu premiata dal presidente Kennedy “per aver impedito una grande tragedia negli Stati Uniti”. (Continua a leggere dopo la foto)
>>> Aumentano le pensioni minime. Ecco quando (e di quanto) aumenteranno. Chi resta escluso

La Petizione all’Europarlamento
Attraverso la petizione, i legali chiedono alla apposita commissione, che si riunisce a cadenza mensile, di presentare una proposta di risoluzione che preveda per ciascuno dei 142 danneggiati da talidomide italiani il riconoscimento da parte del governo tedesco di “un congruo sostegno finanziario”, che possa risarcirli di quanto “ingiustamente subito sin dalla nascita” e che serva a “migliorare la loro qualità di vita”. Invero, già esistono due fondazioni, istituite dalla Repubblica federale di Germania e dalla Grünenthal, ma il cui accesso ai fondi risarcitori “è molto difficoltoso per gli stessi cittadini tedeschi, figuriamoci per gli altri europei”, ancora nelle parole dell’avvocato Marco Calandrino. Essendo, come dicevamo, periodiche le riunioni della apposita commissione comunitaria, è lecito attendere riscontri in tempi relativamente brevi, tuttavia, qualora non giungessero risposte soddisfacenti, avverte l’avvocato: “Noi ci stiamo preparando a fare istanza alla Corte dei diritti dell’Uomo di Strasburgo”.
Potrebbe interessarti anche: Il conflitto d’interessi di Magrini, ex Dg Aifa: “finanziava se stesso”