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Ecco i danni che i social producono sul cervello dei giovani: “Una scoperta sconcertante”

Pubblicato il 25/10/2023 18:00 - Aggiornato il 26/10/2023 08:42

Lo “spleen” lo chiamava Baudelaire, eppure non c’è nulla di romantico o di poetico in quella situazione di malinconia e distacco, in una parola depressione, che investe sempre più adolescenti. Forse ce ne siamo accorti troppo tardi e ora non siamo più dinanzi a un fenomeno ma a una vera emergenza. Della depressione in aumento – esponenziale – tra i più giovani ha parlato anche Mario Maj, ordinario di Psichiatria e direttore del Dipartimento di Salute mentale dell’Università di Caserta, già presidente della Società Mondiale di Psichiatria, che tra i vari fattori individua anzitutto l’uso improprio dei social network, al punto che già vi è chi parla di stress digitale: “Insieme alla disoccupazione e alla pressione ad avere successo nella vita, è tra i fattori responsabili della crescente incidenza del disturbo tra i giovani”. Ci sarebbe da aggiungere anche l’impatto sui ragazzi, i più vulnerabili, del lockdown e della Didattica a distanza che hanno annullato per lunghi mesi qualsivoglia forma di interazione sociale e tra pari. (Continua a leggere dopo la foto)
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Foto: Mario Maj

I dati allarmanti

Prima di concentrarci sulla intervista che Maj ha rilasciato al portale Fanpage, occorre esporre le proporzioni del problema, in accordo con una analisi di Sinpia, Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza: negli ultimi quattro anni i suicidi tra i giovani sarebbero aumentati del 75%; il 20 e il 25% dei ragazzi manifesta i segni, rispettivamente, di un disturbo d’ansia e di depressione; i disturbi neuropsichici sono in costante aumento. Secondo l’Oms il 13% degli adolescenti tra i 10 e i 19 anni, vale a dire 86 milioni di adolescenti tra i 15 e i 19 anni e 80 milioni tra i 10 e i 14 anni, vive con un disturbo mentale accertato. Tra questi primeggiano l’ansia e la depressione e spiace constatare che gli interventi di sostegno non sono aumentati di pari passo. Mario Maj è stato intervistato a Napoli ove si trova come presidente della Società Italiana di Psichiatria Biologica (SIPB), di cui è in programma, sino al 28 ottobre, il Congresso dal titolo “Treatments in Psychiatry 2023”. L’uso improprio dei social network, come dicevamo, viene stigmatizzato dallo specialista, inoltre in un terribile combinato con l’aumentata pressione ad avere successo nella vita e con l’imposizione di modelli “irraggiungibili” e deleteri per l’autostima di ragazze e ragazzi. Disturbi alimentari e autolesionismo ne sono una terribile conseguenza. Come evidenziato dalla Società italiana di pediatria già nel settembre del 2022, poiché la comunicazione digitale e l’utilizzo di spazi virtuali sostituiscono il contatto faccia a faccia e il confronto empatico tra pari, più tempo gli adolescenti trascorrono sui dispositivi sociali, più alti livelli di depressione vengono segnalati. Ciò avviene un po’ dappertutto. Ad esempio, in Svezia, trascorrere più di 2 ore sui social media è stato associato a maggiori probabilità di depressione. Negli adolescenti con un tempo trascorso sui social elevato, aumenta dunque il rischio di depressione, ansia e attacchi di panico. (Continua a leggere dopo la foto)
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Le conseguenze dell’abuso social

La paura di “non esserci”, di venir tagliati fuori dagli eventi organizzati dagli amici se non connessi ai social, nell’analisi di Mario Maj, “porta alla conseguenza di creare ulteriore compulsione ad essere continuamente collegati in rete”. Una nuova tendenza che è stata appellata Fear of Missing Out” (FoMO). Insomma, il tempo passato sui social non può sostituire la vita reale come “qualità” del tempo speso, anzi rende più impreparati i nostri giovani nella vita vera che devono e dovranno affrontare. Occorrerebbe meno flessibilità nel concedere ai nostri ragazzi di rifugiarsi in questa bolla social. La depressione, inoltre, si associa ad una maggiore incidenza di varie malattie fisiche. Le persone depresse hanno un rischio di sviluppare una cardiopatia ischemica più che doppio rispetto alla popolazione generale e un rischio di sviluppare il diabete aumentato di circa il 65%. La presenza della depressione aumenta di oltre cinque volte la mortalità a distanza di 6 mesi nelle persone che hanno avuto un infarto del miocardio, ed aumenta in misura altamente significativa il rischio di tutte le complicanze del diabete. (Continua a leggere dopo la foto)

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Che fare?

Purtroppo, nonostante il “boom” tra i più giovani, il problema è trasversale a ogni fascia d’età: “Le persone che soffrono di una condizione depressiva clinicamente significativa in Italia sono in questo momento circa un milione e mezzo”, afferma ancora il dottor Maj. L’incidenza nelle donne è oltre due volte maggiore che negli uomini. Dunque, come agire? “È opportuna la diffusione di procedure di screening nelle persone a rischio”, risponde Maj alla domanda dell’intervistatore. E poi, la psicoterapia, prima ancora dei farmaci, che possono solo integrare il percorso di guarigione, deve essere svota per tempo: “Oltre la metà delle persone che soffrono di depressione non accede alle cure adeguate”, afferma Mario Maj, il quale aggiunge: “Molte persone depresse non sono consapevoli della natura patologica della loro condizione e dell’esistenza di cure efficaci, oppure hanno vergogna o paura di chiedere aiuto”. (Continua a leggere dopo la foto)

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Le conseguenze della pandemia

Una delle conseguenze più pesanti della pandemia è l’aumento dei disagi psicologici, che hanno colpito soprattutto le fasce più giovani. Di recente, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha pubblicato un report che fotografa la situazione a livello europeo. Nel corso dei lockdown, dovuti alla pandemia Covid-19, i sintomi di depressione e ansia sono raddoppiati rispetto alle stime pre-pandemiche: 1 giovane su 4 (il 25,2%) e 1 su 5 (il 20,5%), a livello globale, sta sperimentando rispettivamente sintomi depressivi e d’ansia. In Italia, durante la pandemia, il 16,1% dei pazienti psichiatrici ha tentato il suicidio, mentre l’ideazione suicidaria e l’autolesionismo sono state le ragioni di ricovero nel 31,5% dei pazienti, con un’incidenza elevata soprattutto tra le ragazze. Il numero di consulenze neuropsichiatriche richieste per stati depressivi o ansiosi è aumentato di 11 volte. Ha spiegato Silvia Zecca, co-referente nazionale della Federazione italiana medici pediatri, durante il congresso nazionale della Fimp tenutosi a Riva del Garda.“La pandemia è stata davvero una bomba atomica dal punto di vista sociale per i giovanissimi. I lockdown totali, decisi nel periodo iniziale, le misure restrittive successive, quelle costanti di distanziamento per la prevenzione del contagio, hanno contribuito a creare un fortissimo disagio, un urlo silenzioso di cui ci siamo accorti nei nostri studi e poi con i dati raccolti nei Pronto Soccorso”.

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